Nel Cuore dell’Umbria, con Meraviglia, intervista a cura di Ilaria Solazzo

Nel Cuore dell’Umbria, con Meraviglia, intervista a cura di Ilaria Solazzo
foto (MEP Radio Umbria)

Il Giardino di Matisse: cultura, arte, creatività e cura dell’infanzia al centro dell’estate umbra

A cura di Ilaria Solazzo
In un’estate all’insegna della creatività e dell’inclusione, l’Associazione Il Giardino di Matisse, realtà no profit attiva in Umbria, sta regalando momenti di cultura e meraviglia a bambini e famiglie, con una ricca programmazione di laboratori ed eventi che si svolgono tra luglio e agosto. Il tutto nell’ambito di “Neraviglioso 2025“, progetto sostenuto dal GAL Valle Umbra e Sibillini, volto alla valorizzazione del territorio attraverso percorsi culturali e artistici.

Tra le iniziative più significative, sabato 26 luglio si è tenuto presso il Teatro di Scheggino uno degli appuntamenti più originali e toccanti: “Il Regno delle Bambole Curate”, un’esperienza immersiva rivolta ai più piccoli, ma capace di parlare anche agli adulti. Un mondo immaginario in cui la cura restituisce forma, dignità e bellezza, trasformando ogni bambola in una custode di storie, emozioni e rinascita.

Il progetto, presentato in una sala gremita, ha saputo unire espressione artistica, artigianato, narrazione e solidarietà, diventando un ponte tra infanzia, comunità e memoria affettiva. Nato grazie a una donazione di una famiglia del territorio, “Il Regno delle Bambole Curate” rappresenta un esempio concreto di come la cultura possa intrecciarsi con la rete sociale per generare valore condiviso.

A raccontarci l’origine e la visione di questa iniziativa è Manuela Amadio, promotrice del progetto e autrice di libri per l’infanzia, tra cui il racconto illustrato “C’era una volta… Sua Maestà il Tartufo”.

Intervista – esclusiva – a Manuela Amadio: “Nel Giardino di Matisse coltiviamo bellezza, creatività e relazioni”

Manuela, ci racconta come nasce l’Associazione Il Giardino di Matisse?
“L’associazione nasce da un desiderio profondo di creare uno spazio culturale vivo, inclusivo, dove i bambini potessero esprimersi attraverso l’arte e la narrazione. Il nome è un omaggio a Henri Matisse, artista che, come noi, credeva nella forza rigeneratrice del colore, dell’immaginazione e della semplicità. Operiamo in Umbria, cuore verde d’Italia, e da diversi anni proponiamo laboratori, eventi e percorsi didattici rivolti ai bambini dai 3 ai 12 anni, coinvolgendo anche le famiglie e il territorio”.

Oggi si parla molto dei “bambini 4.0”, immersi fin da piccoli nel digitale. In questo contesto, quale valore assume il gioco creativo e analogico?
“Diventa fondamentale. I bambini di oggi hanno accesso a una quantità infinita di stimoli, ma rischiano di perdere il contatto con la manualità, la lentezza, la relazione diretta. Il gioco creativo, fatto di materiali semplici, immaginazione e interazione reale, restituisce loro spazio per costruire significati, per sbagliare, per sorprendersi. È un antidoto alla passività degli schermi”.

Qual è, secondo lei, il ruolo educativo del gioco oggi?
“Il gioco è il primo linguaggio del bambino. Attraverso il gioco il bambino esplora sé stesso, l’altro e il mondo. È un laboratorio di emozioni, regole, conflitti, invenzioni. E in un tempo che spesso spinge all’omologazione, il gioco libero è anche un atto di resistenza creativa. Per questo nei nostri laboratori lo mettiamo sempre al centro: è il modo più serio per imparare ad essere felici”.

Parliamo de Il Regno delle Bambole Curate. Com’è nato questo progetto?
“È nato da una donazione privata: una famiglia ha regalato alla Comunità La Tenda una collezione di bambole di porcellana, alcune complete, altre da restaurare. Da lì abbiamo costruito un progetto educativo insieme alla cooperativa, con l’aiuto di artisti, sarte e scuole. Le bambole vengono riparate, curate, vestite, e ricevono un nuovo volto e una nuova storia. È un laboratorio di empatia, narrazione e creatività. Le bambole diventano simboli di rinascita, e i bambini imparano che la fragilità può trasformarsi in bellezza”.

Qual è stata la reazione del pubblico durante la presentazione al Teatro di Scheggino?
“Emozionante. La sala era piena e attenta. Bambini e adulti sono rimasti colpiti dalla forza narrativa del progetto. Molti si sono commossi. Abbiamo ricevuto testimonianze toccanti anche da parte di genitori e nonni, che hanno riconosciuto nel ‘gioco della cura’ un messaggio profondo e universale”.

Oltre a questo laboratorio, quali altre iniziative avete attivato?
“Tanti eventi! Dai laboratori di acquerello emozionale, alle passeggiate sensoriali nei boschi, dalle letture animate sotto le stelle fino ai teatrini d’ombra realizzati con materiali naturali. Collaboriamo con artisti, educatori, scrittori, musicisti, cercando sempre un linguaggio accessibile e coinvolgente per i più piccoli”.

Qual è il filo conduttore di queste esperienze?
“Il tema della meraviglia e della scoperta. Vogliamo riaccendere nei bambini il piacere di osservare, ascoltare, immaginare. E offrire loro spazi dove possano sentirsi protagonisti e non semplici spettatori”.

L’associazione lavora solo d’estate o anche durante l’anno?
“Lavoriamo tutto l’anno. Durante l’inverno portiamo avanti attività didattiche nelle scuole, progetti di lettura nelle biblioteche, e laboratori stabili nei centri civici. L’estate ci offre la possibilità di uscire all’aperto, nei borghi, nei teatri e nei parchi, e quindi di coinvolgere anche i turisti e le famiglie in vacanza”.

Come scegliete i temi dei laboratori?
“Li costruiamo sempre a partire dall’ascolto. Osserviamo i bisogni dei bambini, ma anche le domande che ci pongono. I temi nascono da ciò che ci chiedono: ‘Perché le cose invecchiano?’, ‘Che forma ha un’emozione?’, ‘Posso scrivere la storia di un albero?’. Da lì partono le nostre esplorazioni creative”.

Qual è il ruolo dei genitori nelle vostre attività?
“Fondamentale. Alcuni laboratori sono pensati proprio per coinvolgere adulti e bambini insieme, come nel caso dei libri tattili o delle mappe dei ricordi. I genitori diventano parte attiva, non spettatori. Crediamo nell’educazione diffusa, in cui la comunità cresce con il bambino”.

Avete collaborazioni con le istituzioni?
“Sì, naturalmente. Collaboriamo con comuni, biblioteche, scuole, enti locali e grazie a questa rete possiamo portare avanti eventi di qualità accessibili a tutti. Le istituzioni sono partner essenziali quando credono nella cultura come bene comune”.

Quali sono le difficoltà maggiori che incontrate?
“Come molte realtà no profit, dobbiamo affrontare difficoltà economiche ed organizzative. Ma la passione, la partecipazione delle famiglie ed il sostegno di chi crede in noi ci spingono – quotidianamente – a continuare. Ogni bambino che ci dice ‘qui mi sento bene, come a casa’ è il miglior riconoscimento possibile”.

C’è un laboratorio o un evento che l’ha segnata particolarmente?
“Sì, un laboratorio in cui i bambini hanno costruito casette per parole perdute. Dovevano raccogliere parole che non sentivano più dire, come ad esempio ‘incanto’. Le hanno scritte, illustrate, messe al sicuro. Mi ha fatto riflettere su quanto linguaggio e affetto siano intrecciati. E su come i bambini siano custodi del nostro futuro linguistico e affettivo”.

Quali sono i “sogni” futuri per Il Giardino di Matisse?
“Aprire una residenza creativa permanente per l’infanzia. Un luogo stabile dove arte, natura, gioco e cura possano intrecciarsi ogni giorno. E continuare a far nascere meraviglia, una bambola, una parola, una storia alla volta”.

Il titolo del suo libro incuriosisce: “C’era una volta… Sua Maestà il Tartufo”. Com’è nata l’idea di raccontare il tartufo ai bambini?
“È nata dal desiderio di unire territorio e fantasia. Il tartufo è uno dei simboli più preziosi della nostra Umbria, ma spesso viene raccontato solo in termini gastronomici. Io ho voluto trasformarlo in un personaggio fiabesco, regalargli un’identità e un regno narrativo, per far scoprire ai bambini, attraverso una storia, tutto il mondo che ruota attorno a questo tesoro della terra: dai boschi ai cani da tartufo, fino ai segreti dell’olfatto”.

Come si struttura il libro? È pensato solo come una storia, o ha anche una funzione educativa?
“È un albo illustrato che fonde narrazione e divulgazione. La prima parte è una fiaba vera e propria, con personaggi fantastici e situazioni divertenti. La seconda parte propone giochi, schede e curiosità, ideati per avvicinare i bambini in modo giocoso al mondo del tartufo, della natura e delle stagioni. È perfetto sia per la lettura in famiglia sia come strumento didattico nelle scuole”.

Ha avuto occasione di presentarlo pubblicamente? Come reagiscono i bambini alla figura del “Re Tartufo”?
“Sì, abbiamo organizzato diverse presentazioni-laboratorio nei festival, nelle scuole e nelle biblioteche. I bambini si appassionano subito al personaggio: Re Tartufo è un sovrano un po’ burbero ma saggio, che custodisce i segreti del bosco. I piccoli lettori lo adorano, soprattutto quando giocano a cercare ‘il profumo invisibile’, come fanno i cani da tartufo nella storia. È un modo per parlare di natura, territorio e rispetto in maniera fantasiosa e coinvolgente”.

Manuela, grazie per aver condiviso con noi questo viaggio così ricco di immaginazione, cura e bellezza. Il Giardino di Matisse è davvero un luogo speciale, anche quando esiste solo nelle parole.
“Grazie a te, a voi. Credo che raccontare sia già un modo per coltivare. E ogni volta che un bambino torna a casa con una nuova storia nel cuore, abbiamo seminato qualcosa di buono”.

In un tempo in cui tutto corre veloce, incontrare realtà come Il Giardino di Matisse è come ritrovare un sentiero tra gli alberi: silenzioso, creativo, sorprendente. Qui la cultura non è spettacolo, ma relazione. Non c’è solo intrattenimento, c’è ascolto. Non solo gioco, ma profondità.

E forse, proprio da queste piccole, silenziose rivoluzioni dell’infanzia, passa ancora oggi la possibilità di un mondo più gentile, consapevole e vivo.

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